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L'UGUAGLIANZA

IL CERCHIO

Genere: Drammatico

Nazione: Iran 2000

Regia: Jafar Panhai 

Cast: Fereshteh Sadre Orafaiy, Maryiam Parvin Almani, Nargess Mamizadeh, Elham Saboktakin. 

Soggetto: Kambuzia Partovi

Sceneggiatura: Kambuzia Partovi

Direttore della Fotografia: Bahram Badakshani

Montaggio: Jafar Panahi

Scenografia: Iraj Raminfar, Vajid Allah Fariborzi

Produzione: JAFAR PANAHI FILM PRODUCTIONS (IRAN), MIKADO LUMIERE & CO. (ITALIA)

Distribuzione: CELLULOID DREAMS - ELLEU MULTIMEDIA - MIKADO

 

Dalla finestrella di un ospedale a quella di un carcere: in mezzo 8 storie di donne accomunate da un destino di sottomissione umiliata, in una società fondata sul potere maschile. Lo sfondo è Teheran, perennemente sorvegliata dalla presenza incombente e violenta della polizia. Il titolo indica la circolarità tematica - l'impossibilità di una via di fuga - ma anche la sua struttura narrativa: il movimento della cinepresa che passa da una donna all'altra, da un dolore all'altro. Gli occhi delle donne sono ora rassegnati, ora fieri e ribelli. Un clima di sospetti viene creato attraverso un semplice ma impietoso gioco di sguardi maschili giudicanti, “maschi paladini dell’ordine” pronti a reprimere e a strangolare. 

LA COSTITUZIONE COME AMICA

a cura di Michele Del Gaudio

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L'UGUAGLIANZA

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Da bambino ero convinto che il pianoforte fosse una magia: tasti bianchi e neri in fila, banali, quasi brutti, ma parlanti; ognuno una voce, nessuna uguale: più alta, più bassa, più leggera, più forte, più debole... ma insieme... l’una accanto all’altra, l’una pronta per l’altra: la diversità! A me piace scrivere... una volta ho dedicato dei versi a un barbone. Lo uccisero per rubargli un orologio che forse aveva rubato. Quella notte avevo freddo nel soffocante buio di agosto, mi tremava la penna nella mano... mi chiedevano di giudicare ma io avevo voglia di amare... ringraziai quel barbone per la sua pazienza e il suo silenzio... per le lacrime che mi aveva donato. Chiunque può ritrovarsi barbone, anche per questo è giusto rispettarli. Solo una minoranza non ha voglia di lavorare o lo fa di proposito, la stragrande maggioranza ha alle spalle una grave malattia, un infortunio, la perdita del lavoro, il carcere, la droga, l’alcoolismo, la malattia mentale, un banale esaurimento nervoso, un grave lutto familiare, la fine di un amore... Bisogna considerarlo quando si evita con disgusto un uomo sdraiato su un cartone alla stazione o una donna che trascina bustoni di plastica in un giardino pubblico. Mi stanno a cuore, i barboni! Come i pazzi, i deboli, gli indifesi, i gay, i “diversi”. 

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